Giovedì 9 giugno 2016 è uscito sul Corriere della Sera l’articolo di Beppe Severgnini nella rubrica “Italians” dal titolo “Quelle inutili restrizioni contro i dilettanti”.  Dal canto nostro, non possiamo certo condividere alcune affermazioni e abbiamo pertanto risposto. Pubblichiamo di seguito entrambi i testi.

Beppe Severgnini: Professionisti vs Dilettanti

Uber e Airbnb devono essere vietati solo in “ultima istanza”, ha stabilito la Commissione europea. Qualunque restrizione da parte dei governi “dev’essere proporzionata all’interesse pubblico in gioco”.  Bisogna incoraggiare “un sistema di regole che consenta lo sviluppo di nuovi modelli economici proteggendo i consumatori, le condizioni del lavoro e assicurando una equa imposizione fiscale”.  Traduzione:  a certe condizioni, via libera.

Reazioni? Molte e vivaci, vedrete. Perfino in Islanda, dove mi trovo, vogliono imporre un limite agli affittuari Airbnb: tre mesi l’anno. In aprile la Corte Suprema ha stabilito che un appartamento si può cedere solo col consenso del condominio.  Perché tanta ostilità, dentro e fuori l’Unione Europea? Lo sapete: taxi e alberghi, soggetti a licenze e autorizzazioni,  considerano Uber e Airbnb concorrenti sleali.

Ma se i dilettanti riescono a portar via lavoro ai professionisti con facilità, mi chiedo: in cosa consiste quella professione? Non ci sono solo taxisti e albergatori. Ci siamo anche noi giornalisti. Se un gruppo di amici riuscisse a pubblicare, ogni giorno, l’equivalente del “Corriere della Sera”, in via Solferino dovremmo porci qualche domanda.

Il punto è qui. Se una professione, per tener fuori la concorrenza, può solo invocare licenze o autorizzazioni, è nei guai. Certo: i nuovi attori devono offrire eque condizioni di lavoro, garantire i clienti, pagare le imposte. Ma se questo avverrà  – e avverrà – sarà impossibile squalificarli.

Pochi di noi sanno costruire un ponte, operare una spalla, guidare un aereo, coltivare un campo: a meno che siano ingegneri, ortopedici, piloti, agricoltori. Ogni professione porta con sé una competenza, che la rende preziosa. Se chiunque – grazie a Internet, il grande sconquassatore – può mettersi a svolgere un mestiere, quel mestiere ha gli anni contati.

I professionisti hanno uno strumento solo per battere la concorrenza dei dilettanti: la professionalità. Se i taxi offrono un servizio efficiente e sicuro; se conoscono la città; se ci sono quando servono; se si fanno pagare il giusto, be’, continueremo a scegliere il taxi. Se gli alberghi saranno accoglienti, puliti, funzionali ed economici, ci andremo. Se il quotidiano offrirà notizie, servizi e commenti che non appaiono in qualsiasi blog, al Corriere non dovremo cercarci un altro lavoro.

Molto semplice. Forse troppo, per chi ha paura del nuovo e non vuole neppure guardarlo in faccia.”

In risposta: Claudio Severgnini, Presidente TAM:

“Il servizio taxi è un servizio di pubblica utilità, il diritto alla mobilità è considerato un diritto primario, un po’ come il diritto alla salute e all’informazione, per questo motivo sia la professione di medico, come quella del giornalista ma anche dell’edicolante sono caratterizzate da regole non solo deontologiche ma anche formali.

Non basta quindi essere un dilettante che vuole arrotondare il suo stipendio per fare il medico, distribuire giornali o fare il tassista, penso neanche per fare il giornalista, almeno se si vuole fare corretta informazione.

Alcune professioni, proprio per garantire all’utenza lo svolgimento corretto di alcuni servizi Devono essere regolate, perché a questi professionisti (quindi non dilettanti allo sbaraglio ) si chiedono il rispetto di alcuni principi.

Al tassista, così come all’edicolante, si impongono regole, tariffe, regolamenti sui turni da rispettare, finalizzati tutti a rendersi reperibili verso l’utenza a tutte le ore del giorno e della notte, all’obbligo della prestazione, al versamento delle tasse e contributi dovuti, al rispetto di regole sulla sicurezza dei trasportati con oneri aggiuntivi.

Detto questo, così come ho fatto in altre circostanze, ribadisco e concordo con lei, che i gestori del servizio taxi debbano continuare a produrre standard di qualità elevati, a Milano molto si è fatto e si sta facendo da anni, oggi oltre il 95% dei taxi milanesi è svolto con un’auto a basso impatto ambientale, oltre 75% delle auto sono dotati di POS per il pagamento con carta di credito, almeno un tassista su tre conosce una lingua straniera.

Questa continua ricerca della qualità è possibile solo se il mercato dell’offerta rimane chiaro e trasparente, ma se domani ci chiederete di rimanere professionisti garantendo qualità in mezzo a “dilettanti “ che non pagano le tasse o non saranno assoggettati ai nostri obblighi, perché mai dovrei continuare a fare il professionista ?

Stesso mercato e stesse regole, lo ha ribadito anche all’UE, forse è questa la vera notizia da sottolineare.”